I primi di agosto del 1819 in casa del contadino Antonio Pittarello nella provincia di Padova comparvero misteriosamente delle “macchie di sangue” sopra la solita polenta preparata con frumentone (mais), acqua e sale … la polenta da gialla era diventata rosso vermiglio, era diventata porporina.
“Rosso sangue!” dissero tutti, e la notizia della “Polenta Porporina” si diffuse in un attimo. Quasi subito si parlò di “contagio” perché nei giorni seguenti anche nelle abitazioni vicine la polenta divenne rossa. La sorpresa si trasformò ben presto in inquietudine.
Siamo all’inizio dell’era scientifica e Serafino Serrati, per dimostrare agli increduli che si trattasse di un fenomeno naturale, trasferisce una normale polenta in un recipiente chiuso e caldo-umido, dove la superficie della polenta si ricopre di una tinta rossastra dopo ventiquattro ore.
Alcuni anni dopo, Bartolomeo Bizio dell’Università di Padova, assieme ad altri colleghi, studiò la colorazione sanguigna e superficiale della polenta “porporina” per il suo colore e dopo un’attenta valutazione concluse che il fenomeno fosse da attribuire all’azione di un microrganismo che identificò come Serratia marcescens; Serratia da Serafino Serrati e marcescens da marcimento o putrefazione. Inconsapevolmente, Bartolomeo Bizio fu il primo al mondo ad ottenere una coltura pura di un batterio su un substrato solido.
Le popolazioni di Serratia marcescens producono un pigmento rosso sangue, le stesse popolazioni si disgregano poi velocemente in masse viscose e mucillaginose, scomparendo. Il microorganismo colora di rosso ciò che contamina, e si trasmette per contatto. Mani, confezioni, posate, quasi tutto può propagare. Solo temperature elevate, > 100°C, inattivavano il microrganismo.
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La Serratia, intanto, si diffondeva sulle polente della bassa padovana e i giornali ne parlavano con toni sempre più allarmanti: l’epidemia della polenta insanguinata!
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